Mark Tacchi, the italian Jobs

Scritto da Leonardo Bossi. Postato in Persone

 

Dal 2001 è presente negli Stati Uniti un'azienda diventata leader a livello mondiale nel suo settore. Si tratta della Vendini, che sviluppa e commercializza un gestionale per il box office (vendita di biglietti online di eventi) di Canada e Stati Uniti. Il suo CEO, ovvero Chief Executive Officer, l'equivalente del nostro amministratore delegato, nonché fondatore, ha origini gualdesi.
Mark Tacchi ha 45 anni, è nato e cresciuto in Canada, figlio di Giuseppe che nel 1951 emigrò nella città di Winnipeg dove conobbe e sposò sua moglie Dorothy.
Mark è un genio dell'informatica, ha lavorato per due delle aziende più famose ed importanti nel mondo, la NeXT e la Apple, fianco a fianco con colui che viene riconosciuto come uno dei più grandi innovatori e visionari mai esistiti: Steve Jobs.

Nel 2001 decide di mettersi in proprio e fonda la Vendini, che nel giro di un decennio diviene un'azienda imponente: 300 milioni di dollari di biglietti venduti nel 2013 con 90 dipendenti tra San Francisco, Boston, Knoxville, New York, Vancouver e… Gualdo Tadino.
Già, perché nel 2011 suo nipote Marco Matarazzi e Andrea Sprega, entrambi ingegneri informatici, aprono una filiale proprio nella nostra città.mark tacchi 0


Mark, come è nata la tua passione per l'informatica?
Sono stato sempre molto appassionato di informatica già da quando ero molto giovane. A 12 anni ebbi il mio primo computer, un Apple II, e ho cominciato ad armeggiare con l'hardware del dispositivo, poi sono passato a sviluppare dei software per esso. Amavo il fatto di poter essere creativo in modo tecnico e l'Apple II fu la mia prima tela sulla quale dipingere.

Come hai incontrato Steve Jobs?
Sono cresciuto a Winnipeg, in Canada, ma appena ho ricevuto l'Apple II ho capito che volevo lavorare per l'uomo che lo aveva realizzato. Ho capito che volevo entrare in quell'azienda che era tra le migliori, e sapevo che si trovava nella Silicon Valley. Da ragazzo non sapevo neanche indicarla su una mappa, ma volevo essere lì, volevo lavorare nella capitale tecnologica del mondo. Ero uno studente di ingegneria, ma alla fine lasciai presto gli studi universitari quando ricevetti l'offerta di lavorare per Steve Jobs alla NeXT. Il sogno di una vita stava davvero diventando realtà, così partii con la mia macchina da Winnipeg verso la California senza rimpianti.

Di cosa ti occupavi alla NeXT prima e poi alla Apple?
Ho iniziato occupandomi del supporto tecnico, rispondendo alle domande specifiche dei clienti. La NeXT metteva a disposizione dei corsi di sviluppo dei software e del network per i suoi clienti ed io ho avuto la fortuna di parteciparvi. Ho sempre cercato di imparare il più possibile e di mettermi in mostra più che potevo, ed in quattro anni sono riuscito a diventare Manager nei Servizi Professionali. Quando NeXT venne acquisita da Apple, decisi che era ora di mettermi in proprio: dovevo camminare da solo con le mie “gambe imprenditoriali”. E penso che la NeXT mi abbia preparato per questo.

Jobs disse che voleva accanto a sé solo “giocatori di serie A” e persone con un grande talento. Ti ritrovi in questa definizione?
Penso che Steve Jobs abbia portato questi ideali nella cultura di ogni posto dove ha lavorato. Era un ritornello costante: “assumere sempre i migliori”. Cercava i migliori talenti, quindi bisognava alzare l'asticella in alcuni casi. Ho sempre avuto questa forte motivazione dentro di me, quella di essere il migliore, di lavorare sempre al meglio, ma ero anche genuinamente curioso del settore. Cercavo costantemente di imparare, di capire da solo le novità, di fare il cosiddetto salto nel vuoto. Penso che quando si lavora con i migliori talenti, si sfruttano le occasioni e si è in grado di produrre un lavoro di alta qualità.mark tacchi 1

Uno dei tuoi colleghi, Marc J. Driftmeyer, sostiene che tu eri il miglior “presenter” della NeXT e che se fossi rimasto alla Apple oggi saresti sicuramente diventato “Senior Executive”, ossia un dirigente di alto livello, del colosso di Cupertino. Come mai hai invece deciso di metterti in proprio?
Certe volte ho pensato a questo aspetto, ma la verità è che ho sempre avuto un forte desiderio di creare qualcosa da zero, qualcosa che avesse l'impronta delle mie dita, la mia visione delle cose. L'Apple era, ed è ancora, un'azienda incredibile, ma io volevo spiegare le mie ali e provare qualcosa di nuovo. NeXT e Apple erano degli ottimi trampolini di lancio per entrare nel settore della tecnologia ed imparare dai migliori, ma a un certo punto ero disposto a correre il grande rischio di lasciare la Apple per avviare la mia azienda. Questo è ciò che significa essere un imprenditore. La fondazione della Vendini e il fatto di avere lavorato alla NeXT ed alla Apple sono stati alcuni dei momenti più esaltanti della mia vita, e ancora lo sono. Far crescere la Vendini è stata l'avventura di una vita, non ho assolutamente nessun rimpianto di ciò che ho fatto.

Come hai scelto il nome Vendini?
Il nome deriva dal latino “vendere” ed è un cenno al grande mago Houdini. Non volevo inserire la parola “ticket” perché sapevo che un giorno Vendini sarebbe stata molto più che una semplice vendita di biglietti. E ora infatti è così! Oggi forniamo soluzioni per aiutare a gestire eventi di intrattenimento dal vivo.

Cosa hai trasferito della filosofia di Jobs nella Vendini?
Sin da quando ho iniziato molto giovane alla NeXT ho inconsciamente adottato il modo di fare di Steve Jobs. Mi è sembrato quello giusto ed è il modo in cui ho sempre imparato a fare le cose. La maggior parte delle volte Jobs aveva ragione, posso dirlo senza ombra di dubbio. Ci sono alcuni punti in particolare: assumere i migliori, fare prodotti di semplice utilizzo (se c'è necessità di un manuale di istruzioni, vuol dire che è stato progettato male…), costruire soluzioni per le persone e non dei semplici prodotti, porre attenzione ai minimi dettagli, dare ai tuoi dipendenti gli strumenti necessari per avere successo.mark tacchi vendini

Le tue radici sono a Gualdo Tadino e nel 2011 hai deciso di aprirci una filiale, in accordo con il tuo team italiano guidato da due gualdesi, Marco Matarazzi e Andrea Sprega. Come mai hai scelto proprio Gualdo?
Mio nipote Marco, qualche anno fa, mi chiamò dicendomi che si era appena laureato e stava cercando un impiego inerente lo sviluppo di applicazioni per i cellulari. Io ero riluttante perché se tu assumi un familiare, devi essere capace pure di licenziarlo. Casualmente stavamo iniziando un progetto che necessitava di una figura esperta nel mondo dei cellulari, così Marco è volato a San Francisco e ha lavorato per noi alcuni mesi, facendo molto bene e finendo il progetto. Così gli chiesi se era interessato a rimanere con noi e mi suggerì di contattare un suo amico che definirei geniale, Andrea Sprega. Anche stavolta, onde evitare ogni sorta di nepotismo, gli ho proposto una intervista via Skype. Dopo circa mezzora di conversazione gli chiesi dove aveva imparato a parlare inglese così bene, specialmente il suo slang era ottimo. Mi disse che era tutto merito della serie tv South Park! Marco e Andrea hanno lavorato insieme per un po' qui in America, poi hanno deciso di tornare in Italia. Ci è venuta così l'idea di aprire una filiale italiana e di assumere persone a Gualdo, e il resto è storia. Gualdo Tadino è perfetto per noi, perché non è stata invasa da aziende titaniche come Google o Facebook. Stiamo cercando dei diamanti grezzi, che Gualdo è stata in grado di fornire.

team vendini gualdoLa nostra zona è colpita dalla peggiore crisi dal secondo dopoguerra ad oggi. Che cosa diresti a un giovane gualdese?
Il mio consiglio è quello di continuare a guardare avanti. La bellezza di internet è che non importa dove ti trovi, basta avere un computer e una connessione e puoi parlare con qualsiasi persona in tutto il mondo. Questo abbatte qualsiasi barriera e presenta più opportunità di eccellere e di avere successo, ora più che mai. Continuate a mettervi in discussione, continuate ad imparare dagli altri e non smettete mai di essere curiosi.

 

L'INCONTRO CON STEVE JOBS

jobsImmaginate di essere studenti universitari, appassionati di computer e soprattutto attratti dalla filosofia di uno dei più grandi geni di tutti i tempi: Steve Jobs.
Immaginate che un giorno squilli il telefono e dall'altra parte vi dicano: “Venga alla NeXT (l'azienda che Jobs fondò negli anni Novanta dopo essere stato cacciato dalla Apple, ndr). Siamo interessati a lei. Venga con qualcosa e vedremo se a Steve piace.”
Ecco, immaginate tutto questo e potrete in parte capire le emozioni che travolsero il giovane Mark Tacchi: un sogno che si avvera.
Arrivato alla NeXT, Mark viene inizialmente invitato a lavorare su una demo di un prodotto per un nuovo sistema di e-commerce, che oggi descrive come "come un semplice negozio Amazon" . A quel tempo, era una tecnologia all'avanguardia. Tacchi e un suo collega lavorano sull'interfaccia utente, rendendola più semplice e intuitiva.

Cinque minuti prima della presentazione, arriva il loro supervisore.
"Chiude la porta, si siede, e con sguardo serio ci dice: 'Voglio solo farvi capire che, qualunque cosa dica Steve, non dovete farne una questione personale'."
Un Tacchi ormai terrorizzato entra subito dopo nella sala dimostrazioni.
"Era una grande stanza buia adatta a una proiezione cinematografica, con i monitor accesi tutti intorno con tutte le demo", ricorda.
"Poi entra Steve Jobs e… wow!! È proprio lui!!"
Jobs passa da una workstation all'altra, provando le demo.
Alla prima, sentenzia subito: "No, questa non va bene."
Alla seconda: "Forse questa la posso usare se si corregge l'interfaccia grafica."
Ora è il turno di Mark.
Dato che Tacchi e il suo collega avevano progettato una demo di facile utilizzo, non avevano fornito le istruzioni. Pensavano che Jobs la potesse comprendere immediatamente.
“È lì in piedi che la osserva, clicca, poi si siede e dice: 'Okay, questa la posso usare'."
Mark e il suo amico, dai lati opposti della stanza, esultano in silenzio e si scambiano idealmente un “cinque”.
Ce l'hanno fatta!

 

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