Beato Pietro, autentico seguace di Francesco

Scritto da Sergio Ponti. Postato in Persone

 
Nel numero precedente di Made in Gualdo ha avuto risalto la figura del Beato Tommasuccio, un terziario francescano, autore di profezie, che ha condiviso parte della sua vita con il Beato Pietro nell'eremo di Rigali. 
La loro storia si fonda sull'esperienza del movimento sorto dopo la morte di San Francesco, caratterizzato per il radicale atteggiamento pauperistico, in polemica opposizione con i Frati Minori accusati di essersi allontanati dall'ideale delle origini. Opposizione che divise l'ordine stesso in due rami principali: i Conventuali e gli Spirituali, che a differenza dei primi, osservavano alla lettera la Regola ed il Testamento del Santo: povertà e rinuncia ad ogni privilegio.
 
Tale movimento ebbe una particolare popolarità in specifiche aree geografiche: nella Francia meridionale, in Toscana, nelle Marche e in Umbria. In queste due regioni riconobbe l'autorità di Pietro da Macerata, detto Frà Liberato e, successivamente, dal 1307, di Angelo Clareno da Cingoli, che riformò la vita spirituale e l'organizzazione ecclesiastica. 
Tali vicende crearono nella grande famiglia religiosa delle fratture insanabili che finirono per provocare l'opposizione delle autorità ecclesiastiche. 
I seguaci del movimento, dopo aver perso il privilegio di sottrarsi al controllo dei Conventuali, ottenuto in precedenza da papa Celestino V, furono perfino scomunicati dal suo successore, papa Giovanni XXII, che la storia ricorda come il grande nemico degli Spirituali, che più tardi costituirono la base del movimento dei Fraticelli.

Tra i Fraticelli della Vita Povera, o semplici fraticelli, come li definì con toni sprezzanti lo stesso Papa Giovanni XXII, che abbandonarono un mondo invaso da lotte e guerre fratricide, per ricercare “in questa aiuola che ci fa tanto feroci”, la pace dell'anima, la magnificenza di Dio, la gioia e la felicità spirituale, è ricordato nell'area nocerino-gualdese, oltre a Tommasuccio, anche Pietro, eremita in Rigali, le cui vicende furono raccolte dall'agiografo umbro Lodovico Iacobilli e dal Wadding.
Il Beato Pietro non deve confondersi, come accaduto in precedenza, con due altri omonimi frati che si distinsero quali diligenti seguaci della regola francescana.
E' stato di capitale importanza, ad esempio, leggere attentamente lo studio che Michele Faloci Pulignani pubblicò con il titolo “S. Francesco a Gualdo Tadino”.
In questo suo libro lo storico folignate esamina un testo tadinate risalente ad un autore morto poco dopo l'anno 1325 in cui vengono illustrate le gesta di frate Fava o Favo, di fra' Domenico, di fra' Martino e di un nobile sassone Dominus Branchefortis, che entrò nell'Ordine Minoritario “Et a fratribus vocatus fuit frater Petrus”.
Ciò concorda con un'altra notizia attribuita dal citato Faloci a fra' Elemosina da Gualdo, autore dei memorabilia de Sanctis fratri bus minoribus (1314-1322) in cui è detto “in Egubio Fr. Petrus de Gualdo olim comes et miles sub imperatore (Friderici II) vir multa ostendit”.

In un'altra testimonianza, ricavata dalla Cronaca di ser Guerriero (dal 1350 al 1472), si legge: “A quisto tempo, etiam fo el glorioso santo Francesco d'Asessi in honore del quale fo dato el loco de Pettorina in prima a soi frati, tra i quali uno frate Pietro da Ugubbio visse in santa vita. Et anche uno frate Pietro da Gualdo, da poi santo Pietro nominato concurse a questi tempi in lo dicto loco de Vetturina”, conferma la presenza di un secondo frate Pietro che, con pochi compagni, fondò nella vicina Gubbio (1220-1225) il convento francescano della Vittorina.
Le fonti citate sono di fondamentale importanza perché parlano di due omonimi frati morti molto tempo prima del 1367.
Del fra' o Beato Pietro, sappiamo che vestì l'abito del Terzo Ordine nel convento di San Francesco di Gualdo, che abbandonò per andare a far vita solitaria nel monte presso Rigali, in un eremo con oratorio da lui stesso edificato nei pressi di un'antica chiesa dedicata a San Pietro, dimorandovi per moltissimi anni in assidua contemplazione e penitenza.
Più tardi, nel 1343, richiamato dalla fama di santità, si aggiunse a frate Pietro, il Beato Tommasuccio da Valmacinaia, villaggio di Nocera, che fu suo discepolo per ventiquattro anni, cioè fino alla morte avvenuta nel 1367.
Il suo corpo riposò per qualche tempo nella località oggi detta San Pietro Vecchio di Rigali, che divenne meta di continui pellegrinaggi. Padre Agostino da Stroncone, nella sua Umbria Serafica, dice che in seguito fu portato alla chiesa della Vittorina sui confini di Gualdo e di Gubbio. Si ritiene, invece, che l'indicazione della Vittorina sia errata e debba essere mutata in chiesa di Santa Maria di Caprignone dove esisteva un convento dipendente dalla custodia eugubina (scoperto da Padre Conrad Eubel o.f.m.), risalente al 1291 e soppresso nel secolo XVII in seguito alla cosiddetta Riforma Innocenziana, che stabilì la soppressione di quei conventi che non raggiungevano il numero di sei frati.

Da Santa Maria di Caprignone, il 19 agosto 1450 il corpo del Beato Pietro fu traslato di nuovo e portato nella chiesa di San Francesco di Gubbio.
Ciò risulta da un'antica memoria esistente nell'archivio del convento di Gubbio che è del seguente tenore: “Beatus frater Petrus gualdensis tertii ordinis S. Francisci obiit die XVIIII augusti MCCCLXVII in eremo Sancti Petri montis Gualdi et traslatus est in hac ecclesia Eugubi die XVIIII Augusti MCCCCL ubi hac die memoria recolitur. Fuit magnae perfectionis et virtutum”.
Da notare la discordanza circa la data della morte del Beato Pietro tra quella che si ricava dal testo dell'agiografo eugubino e quella proposta da tutti gli storici: 19 agosto anziché 29 giugno.
Il suo corpo giacque nell'altare della famiglia dei Conventuali assieme a quelli del Beato Bartolomeo Barone e del Beato Tommaso da Gubbio.
Più tardi, il 18 dicembre 1640, quando i frati decisero di restaurare l'altare, i resti dei corpi furono tolti e messi in una cassa di abete che collocarono in sagrestia.
Nella circostanza dell'inaugurazione della restaurata chiesa di San Tommaso (1975) la comunità di Gubbio desiderò collocarvi una reliquia dell'omonimo beato; dato che i tre corpi non avevano una loro precisa identità, venne deciso di prendere un frammento da ciascuno dei tre teschi in modo da comprendervi con certezza anche quello del beato Tommaso da Gubbio.
Nell'occasione, la cassa di abete conservata in sagrestia fu collocata alla sinistra dell'altare maggiore della chiesa di San Francesco dove rimase fino al 29 novembre 1994, quando la famiglia francescana decise di traslare nuovamente i resti dei tre beati in un'urna di argento poi collocata nel rinfianco destro dell'altare maggiore, dove ancora si trova.

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