Angelo Pennoni, il cinema in un click
"Quando Angelo mi telefonava, al mio 'pronto' rispondeva sempre qualificandosi: 'So' er burino'.
E 'burini' erano chiamati, dagli antichi romani, i romagnoli e gli umbri che venivano a Roma a zappare la terra.
Così io, romano di ascendenze pecorare e di nessuna dimestichezza con la vanga, chiamavo burino Angelo Pennoni, in quanto umbro di Gualdo Tadino.
'Vedi?' gli dicevo. 'Sei burino anche per fatalità di rima. Tadino Burino'.
Ma Angelo sorrideva con orgoglio comunale."
Chi racconta questo aneddoto è Luigi Magni, celebre regista e sceneggiatore ma soprattutto amico di Angelo Pennoni, uno dei più importanti fotografi di scena della storia del cinema italiano.
Ma chi è stato Angelo Pennoni?
A Gualdo Tadino questo nome viene accostato a una delle principali vie del centro.
Si tratta però in questo caso di un omonimo, un ragazzo medaglia d'argento al valor militare che nel 1936 diede il proprio sangue per la Patria durante la guerra di Etiopia.
Proprio lo stesso anno in cui l'altro Angelo lasciava definitivamente Gualdo Tadino per trasferirsi a Roma.
Nato nel 1922, visse fino all'età di 14 anni nella zona della Rocca Flea.
Suo padre Igino si recò quindi all'estero per lavoro, venendo prematuramente a mancare nel 1934.
Fu probabilmente questa la triste causa che obbligò la famiglia Pennoni a raggiungere la capitale.
Lì Angelo si avvicina all'arte fotografica frequentando lo studio di Rossi & Livolsi in via del Tritone.
Si distingue da subito come bravissimo ritoccatore di lastre e ottimo ritrattista.
L'ambiente dell'atelier romano è molto creativo e stimolante: cantanti lirici e variegate persone legate alla Roma-bene, introducono Pennoni, ancora giovanissimo, nel mondo dello spettacolo.
"Angelo Pennoni si inserisce tra i più grandi fotografi di scena italiani. Oltre ad avere una grandissima statura di fotografo, quando decise di dedicarsi al cinema lo fece entrando dalla porta principale, visto che fu chiamato sul set di "Miracolo a Milano" di Vittorio De Sica, un autentico capolavoro".
Così lo descrive Andrea Crozzoli, critico cinematografico e direttore dell'associazione Cinemazero.
Era il 1951. Angelo era stato aggregato alla troupe ed era partito alla volta di Milano senza però il beneficio della diaria.
"Per mandare qualche soldo a casa, a sua madre, saltava la cena e andava a letto digiuno. Viveva solo con il 'cestino', che sarebbe la colazione al sacco spettante alla troupe", ricorda Luigi Magni. "Ma Antonio Misiano, direttore di produzione, informato del caso, gli assegnò per la pausa due cestini, in modo che il secondo gli permettesse di arrivare vivo al mattino seguente. Vent'anni dopo, Angelo ricordava ancora con commozione quei due cestini di Misiano che, per quel tanto di benedettino e di francescano che si portava dietro dal suo paese, non aveva mai dimenticati."
IL FOTOGRAFO DI SCENA - "Un fotografo di scena è una figura importantissima perché è colui che realizza le immagini che poi vengono diffuse dai media per il lancio del film. Immortala e documenta il lavoro sul set del regista e degli attori.
Oltre a riprendere le varie scene dallo stesso punto di vista della macchina da presa, documenta anche il dietro le quinte e tutto ciò che accade durante la lavorazione del film." Andrea Crozzoli illustra il lavoro proprio di questo professionista degli scatti.
"Noi ricordiamo tutti nel film "La dolce vita" il bagno di Anita Ekberg nella fontana di Trevi.
Si tratta di una scena che dura circa due minuti in un film di oltre due ore.
Però le foto sono così belle e suggestive che quelle immagini sono diventate il simbolo di una di una generazione di film e caratterizzato addirittura un'epoca.
Tutto questo grazie al fotografo di scena che ha documentato benissimo quella scena.
Con Federico Fellini si ha anche una evoluzione di questa figura che, grazie ai set del regista romagnolo che somigliavano a un circo, inizia a documentare quello che accadeva dietro la cinepresa, che poi aveva lo stesso valore di quello che succedeva davanti con gli attori."
Quali sono le peculiarità di Angelo Pennoni?
"La sua storia è quella di un professionista molto preparato, dotato di un ottimo occhio fotografico che sapeva cogliere l'attimo. Il fotografo di scena è solitamente visto come un rompiscatole, uno che si aggira sul set e scattando foto seguendo le indicazioni del regista riguardo luci, trucco, scenografie, posa degli attori.
La sua bravura sta nello scattare la foto giusta al momento giusto, sfruttando con grande intelligenza quello che dispone il regista.
Angelo Pennoni in questo era uno dei migliori.
Le sue foto sui set di Pasolini sono diventate delle autentiche icone.
Ha saputo rimanere al passo con l'evolversi dei tempi e con le atmosfere dei film, entrando nelle poetiche dei registi.
Sui set di Pasolini ha colto determinati momenti, in uno di Troisi altri tipi di situazioni.
Qui si vede la sensibilità del fotografo e in questo Pennoni è stato un maestro tanto pignolo quanto discreto sul set. Una persona che definirei unica."
Come si muoveva Angelo Pennoni sui vari set?
Instaurava sempre un grande feeling con il regista, il cast e l'intera troupe. Ma soprattutto era di una correttezza estrema.
Quando inizialmente venne chiamato a fotografare "Miracolo a Milano" stabilì subito uno stretto rapporto con G.R. Aldo, che era il direttore della fotografia.
La simpatia tra i due fu immediata, anche perché Aldo, avendo anche lui dei trascorsi da fotografo tradizionale, conosceva le difficoltà di lavorare su situazioni costruite da altri, proprie del cinema.
Da lì iniziò la sua bellissima carriera nel cinema.
Pennoni può essere definito anche un precursore?
Sicuramente.
L'interesse per le foto di set è stato un fenomeno nato con Federico Fellini.
E' partito da 8 e mezzo.
Alcune foto del regista romagnolo che dirige gli attori con la frusta in mano o che insegna a Mastroianni come muoversi hanno suscitato molto interesse per ciò che accadeva dietro la macchina da presa.
Angelo Pennoni è stato tra i primi a scoprire questo lato, in particolar modo durante le riprese di "Accattone", uno dei film più intensi di Pasolini.
Una serie di suoi scatti bellissimi riprendono il regista al lavoro e se oggi abbiamo ben chiaro come Pasolini dirigeva un film lo dobbiamo anche alle immagini di Pennoni.
Teniamo presente che, in quei tempi, il produttore era interessato soltanto alle immagini di scena, mentre lui, per pura passione, documentava sempre tutto, scattando migliaia di foto.
Questo materiale è rimasto chiuso nei cassetti fino agli anni Novanta quando, in occasione di un omaggio a Pasolini, abbiamo scavato nell'archivio di Pennoni trovando una autentica miniera d'oro di immagini che lui, anticipando mode successive, aveva immortalato con il suo occhio sempre attento alla costruzione dell'immagine e dell'inquadratura.
Dobbiamo considerare pure che quando Pennoni lavorava sul set di Accattone non sapeva certo di trovarsi alle prese con un film che sarebbe rimasto nella storia del cinema.
La sua professionalità ha fatto sì che documentasse in maniera precisa e puntuale le varie fasi della lavorazione.
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Il cinema italiano strabocca di personaggi che hanno fatto tanto ma che si conoscono poco. O comunque non abbastanza.
Uno di questi è Angelo Pennoni, fotografo di scena umbro di nascita, romano d'adozione.
Il quale ha attraversato tutto il cinema italiano dagli anni '50 fino ai primi anni '90 lavorando in più di cento set accanto a De Sica, Blasetti, Comencini, Pasolini, Magni, Ferreri.
Una specie di testimone onnipresente, trasversale, continuo del nostro cinema. Innanzittutto la capacità di trovare sempre istintivamente l'angolatura giusta, con un comportamento da vero regista. Immagini quindi molto relativamente statiche che di fatto s'imparentano fortemente con il cinema.
Ma la dote più grande di Angelo Pennoni è la tensione emotiva, la forza interiore che riesce ad infondere alle sue immagini. Lo sguardo con cui Pennoni ha osservato il Citti-Accattone di Pasolini, la Mangano o la Lollobrigida dirette da Blasetti. E poi Mastroianni, Ferreri dagli occhi ora tristi ora ruvidi, Troisi vivace e disincantato. La vera fotografia ferma l'immagine, ma solo formalmente. Come fa la parola scritta con l'emozione. Il cinema italiano si "muove", eccome, nelle fotografie di Angelo Pennoni. Angelo Pennoni nacque a Gualdo Tadino in provincia di Perugia il 15 maggio 1922. A soli 14 anni si trasferisce a Roma dove si avvicina all'arte fotografica frequentando lo studio di Rossi&Livolsi in via del Tritone. Si distingue da subito come bravissimo ritoccatore di lastre e ottimo ritrattista. L'ambiente dell'atelier romano è molto creativo e stimolante: cantanti lirici e variegate persone legate alla Roma-bene, introducono Pennoni, ancora giovanissimo, nel mondo dello spettacolo. Nel 1951 è al fianco di Vittorio De Sica come fotografo di scena di Miracolo a Milano. Per lo stesso regista lavora anche in Umberto D. e Stazione Termini dove conosce Réné Clair che lo vorrebbe con sé a Parigi. Dagli anni '50 sino ai primi anni '90 attraversa tutto il cinema italiano: lo troviamo in più di cento set vicino a De Sica, Blasetti, Comencini, Magni, Pasolini, Ferreri, Lattuada, Monicelli, Troisi e tanti, tanti altri. Angelo Pennoni morirà improvvisamente nel dicembre del 1992 dopo aver finito di fotografare sul set di Diario di un vizio di Marco Ferreri.