Daniza, una storia tutta italiana

Scritto da Manuel Codignoni. Postato in Storie

 
Da sempre l'ignoranza fa paura, e il silenzio è uguale a morte, cantava Francesco Guccini. Bene, di ignoranza ce n'è tanta, nella storia che andrò a raccontarvi, e fa paura sul serio. Ma visto che il silenzio è uguale a morte, appunto, ho deciso che tutto sommato, anche se su questa vicenda se ne sono dette, scritte e sentite tante, c'è posto anche per queste quattro righe. La storia che vado a raccontarvi è quella di Daniza, l'orsa più famosa del Paese.
Prima di tutto le date, per inquadrare il contesto. Anno Domini 2000: Daniza viene liberata in Trentino dopo essere stata portata qui dalla Slovenia nell'ambito di un programma europeo di ripopolamento chiamato Life Ursus. Anno Domini 2014, 15 agosto. Daniza, che ha oramai 18 anni (un orso in libertà ne vive 20 circa) aggredisce a Pinzolo un cercatore di funghi, tale Daniele Maturi detto Carnera, che di buon mattino era andato nel bosco per procurarsi il nécessaire per il pranzo della festa (tra l'altro era anche il compleanno di sua moglie). Si imbatte nei due cuccioli, si ferma, arriva mamma Daniza e lo attacca. Lui si difende come può, grazie anche al fisico da Carnera; è chiaro che lei non attacca per ucciderlo, ma lui rimedia comunque 40 punti di sutura e tanto spavento. Scatta subito la caccia a Daniza: in un primo momento qualcuno parla di abbattimento, ma si opta per la cattura. E' troppo abituata all'uomo, dicono certi esperti, è il caso di metterla in cattività. Anno Domini 2014, 11 settembre: Daniza muore: non sopravvive all'anestesia praticatale per catturarla. 
Questi i fatti. In mezzo un universo, con la U maiuscola, fatto di manifestazioni, anche violente, attacchi, minacce di boicottaggio. E soprattutto un pressapochismo degno specchio del Paese in cui viviamo. Vi spiego perché. Premessa numero uno: il sottoscritto ha un'idea sui fatti ma non la scriverò. Premessa numero due: lo stesso sottoscritto ha un'idea molto chiara su quanto accaduto oltre i fatti. 
 manuel codignoni
Prima di andare avanti, è necessario che vi spieghi che quel famigerato 15 agosto chi vi scrive si trovava a una ventina di km. da Pinzolo, per lavoro.
Quando arriva in redazione la notizia dell'aggressione, via di corsa a tappe forzate all'ospedale dove si trova il cercatore di funghi. Il quale, quando  esce dal Pronto Soccorso,  si fa intervistare da me e racconta la sua storia. Che finisce su tutti i tg nazionali. E che ci resta per parecchi giorni, con il sottoscritto a correre da una parte e dall'altra per coprire le richieste di pezzi per Tg1, Tg2, Tg3, RaiNews e così via. 
L'Italia  si divide fra pro-Daniza e pro-Carnera. C'è chi dice: “si è difesa da mamma, lui aveva cercato di proposito i cuccioli per fotografarli, è un contaballe, gli sta bene”. E chi invece: “l'orso è una presenza insostenibile da queste parti, se al posto di Carnera ci fosse stato un bambino?”
Complice un'uscita avventata al microfono del sottoscritto di qualcuno che non esclude l'abbattimento dell'orsa, apriti cielo. 
Petizioni su internet. Minacce di boicottaggio al Trentino. Gruppi su Facebook. Citazioni sul Guardian, prestigioso quotidiano inglese, e su altre testate europee. E una ventina di manifestazioni di protesta. Con due bersagli: la Provincia da un lato, Carnera dall'altro. Dalle prime, pacifiche, a quelle più accese e violente. Condite da un'invasione del Palazzo della Provincia di Trento da parte di una trentina di animalisti (io c'ero, capperi, dentro con loro, durante le trattative con le forze dell'ordine ero lì, tanto che al momento di dover andare in redazione per montare il servizio son rimasto bloccato dentro dai poliziotti mentre veniva effettuato lo sgombero a forza). E da un paio di dimostrazioni a Pinzolo, patria di Carnera, con altissimo rischio di scontro con i residenti imbufaliti che difendevano la reputazione del concittadino. 
Una guerra vera, non sto scherzando. Al grido di #iostocondaniza, subito contrastato dall'altrettanto battagliero #iostoconcarnera di molti trentini. A nulla serve spiegare che l'obiettivo è la cattura, non l'uccisione. Ma Daniza non si fa trovare, sfuggente, una Primula Rossa moderna che non disdegna incursioni a caccia di pecore vicino alle abitazioni. Entra addirittura in una stalla. Niente.
Fino all'11 settembre: i Forestali la individuano, la seguono, sparano un dardo narcotizzante a lei e ai due cuccioli. Loro si risvegliano. Lei no.
daniza2E allora si ricomincia. Su Repubblica.it la notizia è sopra quella di Obama che annuncia l'attacco al'Isis, per dire. Viene chiesta l'autopsia. Anzi, due, a istituti diversi, ché non si falsifichino i risultati. Partono azioni legali contro la Provincia da parte di associazioni di tutta Italia. Ancora manifestazioni a Trento, al grido di “assassini”.  Viene imbrattata la casa del sindaco di Pinzolo. Addirittura ministri contro.
Un casino, insomma. E poi il web, spietato e becero. Insulti a Maturi, minacce di morte, telefonate a casa: “è tutta una montatura”, “l'avete ammazzata”, “la pagherete”, queste alcune delle più pacate. E vi risparmio le risposte, altrettanto colorite.
 
Sapete cosa c'è di sbagliato in tutto questo? 
Alcuni piccoli, insignificanti particolari. Uno a caso: chi vi scrive è l'unico ad aver parlato direttamente con Daniele Maturi il giorno dell'aggressione. L’unico che ha visto i suoi vestiti strappati, il suo scarpone aperto, le fasciature sulle mani e sulle gambe. L'unico che ha sentito dalla sua viva voce la sua versione dei fatti. L'unico. Non perché più bravo degli altri, intendiamoci, ma solo per una serie di circostanze professionalmente fortunate. E poi ve ne dico un'altra. Sempre per motivi di lavoro, credo di essere diventato uno dei massimi esperti non solo di questa vicenda, ma dell'intera gestione dell'Affaire Orso. Ci ho studiato tanto, insomma: mi son anche preso la briga di leggermi le 140 pagine delle linee guida europee in materia. Voi non fatelo, per carità, è una roba mortale, ma contiene anche passaggi interessanti.
E be’. Al netto di come siano andati davvero i fatti, su cui ripeto ho un'opinione ben chiara che non vi esporrò (sono anche stato minacciato, pare ridicolo ma è così, per quello che ho scritto e messo in onda) il dato che porto a casa è questo: siamo un popolo di ignoranti. Approssimativi. Vigliacchi. Bambini. A cui basta raccogliere quattro frasi di seconda mano per sputare sentenze violente e agire di conseguenza. Tuttora non mi spiego come sia possibile che questa vicenda, certamente disdicevole, sia arrivata ad avere questa diffusione. E perché abbia scatenato tutta questa violenza, non solo verbale. Ma di certo l'incultura, la rozzezza, l'approssimazione, la stupidità e l'imbecillità che ho incontrato in questi mesi è desolante. 
Non sto qui a sindacare se è stato o meno giusto tutto questo risalto, non sta a me dirlo. Ma di certo l'italiano medio in queste reazioni c'è tutto. 
 
Ve ne dico un'altra, recente. Alcuni giorni fa è morto il presidente del Consiglio Regionale. Un brav'uomo, se mai ne è esistito uno. Fidatevi. Rude, come tutti i montanari, spigoloso, come quelli che vengono dalla sua valle, la Val dei Mocheni, una minoranza linguistica che parla una specie di tedesco arcaico ed è legata alle tradizioni secolari di quella che viene chiamata la Valle Incantata, tanto è selvaggia e incontaminata. Un uomo d'altri tempi, senza paura di sporcarsi le mani: il primo giorno da consigliere si è svegliato alle 2 di notte perché aveva nevicato: via sul trattore, via a ripulire le strade dalla neve, e solo dopo era giù a Trento per il suo primo giorno di scuola. Uno che da presidente del Consiglio regionale ha combattuto fieramente la battaglia contro i vitalizi d'oro dei politici locali, scrivendo una nuova legge e inimicandosi il gotha della vecchia politica regionale. Privilegi fuori dalla realtà, li chiamava lui. Nei lunghi pomeriggi in cui la legge di riforma veniva riscritta, usciva dalla sala commissioni e portava a noi giornalisti il dolce tipico della sua valle, la treccia mochena. Ci diceva, burbero, “chi non mangia la treccia non avrà notizie”, arrabbiandosi puntualmente con me che ogni volta declinavo in quanto non mangio dolci. 
Beh, quest'uomo è morto d'infarto, a soli 47 anni, durante una battuta di caccia nelle sue montagne. E per questo, per essere morto da cacciatore, il segretario del partito animalista europeo – quello che aveva invaso il palazzo della Provincia, per capirsi - che sospetto non abbia mai parlato nemmeno una volta con quest'uomo, si è detto delighted, ovvero contentissimo, della sua morte. “Infame – si legge sul suo profilo - adesso sai cosa vuol dire morire”. Solo perché cacciatore e perché, su Daniza, si era detto convinto che la via giusta per l’orsa fosse la cattura. Non l'uccisione. 
E non finisce qui. Dietro quel messaggio in rete anche l'approvazione di molti altri, con toni ben più violenti da parte di gente senza la minima idea di chi fosse il morto. Ignoranza, cattiveria gratuita e ancora una volta l'onda lunga della disinformazione, della partigianeria, della stupidità. 
 
Ve lo dico con tristezza: sono davvero sfiduciato. Perché se questo è il nostro modo di informarci, di argomentare, se la nostra dialettica è quella dell'insulto a prescindere, forse ci meritiamo davvero le batoste che ha preso il nostro Belpaese. Spero di sbagliarmi. 
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