Angelo Barberini, quel patto di Natale.

Scritto da Giampiero Tasso. Postato in Angelo Barberini

Ci sono persone che ti restano attaccate sulla pelle o nell'anima per ragioni incomprensibili.
Non riesci a capire perchè... ma è così.
Forse per carisma, forse perchè le anime sanno riconoscersi prima dei corpi, forse per semplici affinità elettive.
Angelo Barberini è una di quelle poche e rare persone e ancora più incomprensibile il sentire perchè non c'era un'amicizia consolidata, il semplice dividere il pane da commensali con frequenza, essere stati compagni di memorabili partite a tresette.
Forse compagni di passione, lo ammetto, ma la reciproca attrazione di stima e rispetto era nata già prima della condivisione di una comune passione del una squadra di calcio.

 

Uomo di spicco di quella Gualdo che era innovazione e vanto della grande industria, di quella Gualdo che ricordavo abbandonata dai miei genitori e da mille altre persone perchè non offriva nulla se non magri raccolti agricoli e un futuro striminzito legato ai "coccetti", a quella straordinaria capacità di lavorare l'argilla che poi è stata riscoperta con autentico genio e creatività.
Barberini era pietra portante di quella nuova Gualdo, di una città che sfidava il freddo e la tramontana, nascosta dalle sue montagne, unica nel suo silenzio e pacatezza del vivere.
A Perugia avevamo un uomo di forza dirompente come Gaucci, tonante e ingombrante, ciarliero e folle, straordinario nel coraggio e nelle scelte.
A Gualdo c'era Barberini, taciturno e schivo, lavoratore di razza ed imprenditore accorto che aveva ricostruito un'industria, l'aveva resa famosa e invidiata.

angelo barberini 04Fu una timida richiesta la mia, fatta al direttore responsabile dei programmi della mia tv: perchè non seguiamo anche il Gualdo?

E così fu, ritrovandomi le domeniche a realizzare una ventina di minuti di trasmissione, tra cronaca, immagini ed interviste su quello che faceva la squadra di Barberini e Novellino.

Premetto che di pallone non sono mai stato un grande estimatore e tantomeno conoscitore e tifoso.

Oh, lo ammetto, la fede giovanile era juventina, suggerita da mio fratello e si ammezzava con quella del Grande Torino che mio padre ostentava in quella sorta di derby familiare, ma per il tifo.. non ci sono mai stato avvezzo.

A Gualdo fu invece amore, non tifo, ma amore.
Era come immergersi in un calcio vecchio di trenta anni, genuino, magro, senza clamori, a godersi quei vecchi palloni di cuoio chiusi con i lacci, rivivendo le vecchie foto in bianco e nero, autentico amore per il puro gesto sportivo, indipendentemente dalla squadra che lo esaltava.
Semplicemente.

Ho infiniti ricordi legati ad Angelo Barberini alla sua straordinaria forza e delicatezza, di uomo severo e chiuso e che si commuoveva parlando del suo Gualdo.
E lo rivedo ancora dietro la porta, intabarrato con cappello e loden a passeggiare nervoso, a guardare la sua squadra a correre euforico in caso di gol, a passeggiare bofonchiando parole per non lasciare uscire la tensione, sfidando la tramontana, la neve, la pioggia... e vederlo illuminarsi di suo all'arrivo della bella stagione.

Quante volte lo andavo a cercare mettendo il duplicatore di focale sullo zoom della telecamera, per osservarlo meglio, per scorgere il viso contraddetto, per rubare un suo gesto ed immaginando le parole e le imprecazioni che tirava giù.
"Venga qua Tasso che ne racconto una che lei non sa..." diceva all'improvviso staccandosi dagli altri che gli stavano intorno.
E ti raccontava situazioni, fatti, comportamenti, verità che ti facevano vedere il mondo del calcio con occhi diversi.
Me le raccontava e sapeva che le avrei taciute, che le avrei usate per capire lui il suo essere Barberini e il suo mondo, che le avrei usate per raccontare la realtà di domani in maniera diversa.
Una stima dandosi del lei, sempre del lei, anche quando i momenti erano terribili da raccontare, ma sempre del lei, come a sottolineare il rinnovarsi del rispetto.

Ricordo che mi invitò un pomeriggio poco prima dello sciogliete le righe per il Natale.
Luogo: sala riunioni dello stadio Luzi.
Motivo: lo scambio degli auguri.
In verità Barberini andò di molto oltre. Riunione e poi l'ultimo allenamento e tutti a casa.

Di fronte a me e a Peppino Marcacci (uomo meraviglioso e straordinario, compagno e complice di mille giorni di avventure) a telecamera accesa, le parole di quell'incontro che nessun altro sapeva.
Eravamo i soli e unici della stampa ad essere lì (stranissimo il fatto).
E Barberini parlò.

«La società ci tiene a ricordare la sua volontà di salire in Serie B.
A chi cerca di screditare questo impegno (e questa settimana sembra che ci siano messi in molti a pensarlo) a chi mormora in giro che i costi sarebbero eccessivi, che non avremmo lo stadio e che costa troppo realizzarlo, che non saremmo pronti... dico... intanto andiamoci... poi faremo i conti".

Barberini parlava dal suo tavolo, seduto, immobile e con grande sicurezza.
Mi guardava ogni tanto come per vedere se seguivo o se fossi distratto.

Angelo Barberini in quel lungo monologo aveva promesso davanti a me il suo premio, in danaro, per la promozione.
"La società si impegna e lo fa nella persona del suo Presidente, Angelo Barberini, che gli impegni li mantiene e non li dimentica".
E alla fine stabilì anche il prezzo di quel premio, per tutti, se andavano in serie B.
Era come sottolineare: non potrete mai dire che non l'ho fatto!
Potevo uscire da quella riunione e farci un servizio di razza: «Ecco il piano di Barberini per andare in serie B», potevo vantarmi e dire: siamo stati gli unici presenti e vi raccontiamo...

Finita la riunione Barberini si avvicinò per farmeli gli auguri, di persona: "Allora, signor giornalista, ha registrato tutto, sì?", chiese scherzando.
E poi ci abbracciammo.
Non una stretta di mano, ma un abbraccio, puro e semplice come tra due amici che lo hanno sempre fatto, con il sentire il suo calore, la sua forza, la valenza di quel patto silenzioso che mi aveva chiamato a sottoscrivere.
Il Presidente sapeva che non avrei usato quelle immagini, sarebbero restate chiuse in quella videocassetta... Sapeva come io amassi la verità e come in tutto quel periodo di conoscenza non avevo mai raccontato convenienti bugie, o giocato a masticare le verità.
Un domani, forse, qualcuno avrebbe potuto dire: ehh... non hanno i soldi e in serie B non ci vuole andare Barberini...
Allora e solo allora, non per difenderlo, ma per l'onestà del vero, io sarei stato ben felice di raccontarla, la verità...

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