Quelli delle notti, il mito del Papillon

Scritto da Mario Donnini. Postato in Storie

 

A raccontare la Storia di Gualdo c’è già chi ci ha pensato e ci pensa e ve ne sono di bravi davvero.

Quello che sfugge come sabbia a chi volendo tenerla a sé troppo la stringe, sono le storie della storia di Gualdo. Le epopee laterali. Anse sociali, certe curve che il fiume della vita prende e poi perde. Deviazioni strane, gioiose, belle e sfolgoranti, inni generazionali perfino tremolanti di luci strobo a ritmi tribali, resi celestiali dai violini della discomusic e ingentilite da mixaggi spalmanti. Ladies and Gentlemen, this is a true story: la storia vera della Discoteca Papillon, narrata, riveduta e scorretta un sabato sera a cena con Angelo Luzi, che insieme a Fausto Pecci ne fu tra i principali artefici.

- Angelo, l’inizio di tutto.

«Il 23 luglio 1975, in un luogo ex rimessa di un’azienda edile. Io e Fausto siamo già soci al Flaminio, un locale di Gualdo che fa musica e serate a un passo dalla stazione. La nostra unione in società con Gianfranco e Guglielmo Petrelli fa nascere il Papillon».

- Il nome deriva dall’omonimo film del 1973 di Franklin J. Schaffner, con Steve McQueen e Dustin Hoffman, vero?

«Sì, quello. A proporlo è il grande Daniele Mancini, architetto neolaureato che disegna gran parte degli interni, in un modo moderno, accattivante e sorprendente».

la smorfia  papillon gualdo tadinoIl primo deejay è Mario Passeri detto il “Passero”. Uno che ci sa fare, ne mangia di musica, anche se la domenica pomeriggio è capacissimo d’interrompere i suoni per dire cose tipo: “Ehi, pisellini, vi informo che l’Ascoli ha pareggiato”, con tanto di boati in sala all’annuncio d’un gol di Nello Saltutti. Ma andiamo oltre. Dalla prima serata del Papillon, la vita dei gualdesi, le abitudini e i costumi, cambiano. Si entra in un altro mondo, meno Castellina Pasi e più stars and stripes.

- L’ospite d’onore inaugurale?

«Loretta Goggi, che al tempo era la prima donna del sabato sera, erede in Rai di Raffaella Carrà. Ne seguono altri. Famosi, famosissimi, nomi da far tremare i polsi nelle vene. In pochi mesi Gualdo, piccola cittadina di provincia, si trasforma in un centro trendy».

- Angelo, qualcosa non torna. A meta’ Anni ’70 voi non avete soldi e conoscenze per reggere il programma fantastico che riuscite a mettere su. Roba da Piper di Roma. Ci deve essere un punto di svolta, il segreto inconfessato di questo decollo bruciante. Un enigma mai svelato.

«C’è. E te lo dico. È ora che si sappia, perché è pure simpatico. In poche parole, ci troviamo a organizzare una serata con Amanda Lear, appena ascesa alla notorietà anche perché dicevano fosse uomo...».

- Mica vero. Era modella di Salvador Dalì, che non era tipo da star nel dubbio...

«Manco io. L’ho vista nuda in camerino, Amanda Lear, e te posso di’ che era ’na gran figa, ma non divaghiamo. Insomma, seratona con Amanda Lear, ma questa non viene, si dà malata. Okay fa lo stesso. Quella sera però ci arriva la chiamata da un finanziere gualdese che presta servizio nel nord Italia. “Occhio che Amanda si sta esibendo qui, siete stati fregati”. Molto bene. Partiamo a razzo e la becchiamo sul fatto, minacciando una richiesta di risarcimento miliardaria. Abbiamo fatto bingo. Il suo manager, per uscire dai guai, decide di non tirare fuori una lira, ma di garantirci un portafoglio di esibizioni da urlo, con tutto il suo team di artisti. Eccolo, il segreto. Una serata andata a male vale per noi come una vincita alla lotteria. Al Papillon di Gualdo, nel giro di poco tempo, arrivano i Pooh, i Matia Bazar, viene davvero Amanda Lear, poi pure i Santa Esmeralda, Fred Bongusto, l’Orchestra Casadei, i Nomadi, Renato Farina...».

zero indiano- Il più strano fra tutti chi ti sa?

«Senti questa: un sabato sera mi chiama al telefono Fernando Spigarelli detto “Carciofino”, titolare del Bar Appennino, e mi fa: “Angelo, diqui’ te vole ’n indiano”. “Ehhh?” - je fo io. “Sci, sci, tésto è vestito propio da ’ndiano, è sceso da na Citroen Due Cavalli e te vòle! ’Spetta che te’l passo”. “Va bene... Pronto?”. “Pronto, sono Renato Zero. Allora, dov’è sto Papillon?”. Ecco, capito? Nei primi tempi della carriera Renato Zero si esibisce vestito tipo pellerossa ed è così che fa la sua entrata al Bar centrale e poi al Papillon. Oh, più strano de così...».

- La serata più avventurosa?

«Quella coi Pooh. Per contratto ci chiedono 60 kilowatt e noi ne abbiamo 100, staccando l’aria condizionata che ne mangia 50 e facendo tenere il concerto a porte aperte. Pensa, è l’unica volta in cui i Pooh s’esibiscono in una discoteca, perché per il resto vogliono Palasport. Stupendo. Uno, due, tre, via e parte la luce. Buio completo. Un casino totale. Gianni Passeri va a vedere che è successo e il verdetto pare tombale: “Hanno fuso un neutro”. Roba da andare a prendere bobine di legno con una Renault R4 e srotolarle in otto persone, per cercare di salvare il salvabile. Ed è lì che Stefano D’Orazio, il batterista dei Pooh, mentre sono incazzato nero, mi dice: “la colpa è del vostro impianto che è solo da 50 kw!”. Io gli prendo la testa e gliela sbatto sulla batteria: bum! “E con questo sémo a cinquantuno!”. Finito il panico, tutto va a posto e il concerto è trionfale».

- L’ospite più stronza?

«Nessun dubbio: Ornella Vanoni. Se la tirava como ’na freccia. Troppo convinta d’essere Ornella Vanoni. Altezzosa, maleducata. Andandosene dice che noi gualdesi siamo contadini. Si me l’ea detto prima,’n piava manco i soldi, tel dico io».

- La serata più esotica?

«Dì pure anche erotica. Quella co’ Ilona Staller, Cicciolina, ché s’esibisce col serpente e poi se fa intervista’ per Radio Tadino da Carletto Fiorucci tutto sudato, ché non je parea l’vero».

- I più tecnologici?

«I francesi Rockets, mascherati da alieni, quelli di “On The Road again”. Mbe’ da questi mentre magneno da Rascellino nun me tocca gijje a pia’ una botte d’acqua da venti quintali, per raffreddajie il laser?!».

- ‘Ngio’, ‘l più mitico?

«Be’, Franco Califano. Ha casini con la giustizia e arriva a Gualdo che è praticamente agli arresti. Si muove in Jaguar e sembra un boss. Qualsiasi suo spostamento va denunciato ai carabinieri, il Califfo ha solo il permesso di cantare, in tourné, poi se ne deve andare. A un certo punto, questo si va a fare una doccia in un albergo di Fossato di Vico, ma senza dire niente a nessuno, così parte l’allarme-fuga e si apre una vera e propria caccia all’uomo. I caramba lo cercano, pensano sia scappato, ma poi rieccotelo. Un paio de “maddeché...” e tutto va a posto».

- Intanto gli anni passano e il Papillon cresce.

«Nel 1977 viene realizzata la pizzeria al fianco della discoteca, dal 1979 la gestisce Gianni e anche questo locale, a suo modo, diventa un classico. I Petrelli escono dalla società e al timone restiamo io e Fausto Pecci. Conta che io sono nato nel 1953 e Fausto nel 1951, quindi non abbiamo più o meno trent’anni d’età, siamo ragazzi, e il bello sta solo per arrivare».

- Mutano le stagioni e cambiano pure i dee jay.
franco moiraghi sauro fiorucci papillon gualdo tadino

«Nel 1980 arrivano Carlino Mix e Enrico Frau, poi nel 1982 il salto di qualità. Da “L’Angelo Azzurro” di Rimini prendiamo Franco Moiraghi, deejay del giro largo della scuderia di Claudio Cecchetto e la nostra musica comincia a fare tendenza. Sono gli anni che vanno dal 1982 al 1985. Non c’è più bisogno dei grandi nomi per fare serata. La serata ora siamo noi. Le cassette mixate Moiraghi e duplicate fanno moda sui locali dell’Adriatico. La nostra è la prima discoteca a consolle mobile, si balla il venerdì sera, il sabato e pure la domenica pomeriggio. Tra pista piccola e grande i clienti fanno i turni, perché mica c’è posto per tutti. E tra i dj cito anche Luigi Guida e Marco Trani». 

- V’allargate, qualcuno dice anche troppo. Fondate la Papillon Records, etichetta musicale che vanta artisti quali Carmen Villani, già debuttante a Canzonissima e attrice in film porno-soft visti da noi minorenni sbigottiti su Capodistria, e, soprattutto, gente come Cinnamon il quale va in classifica col brano “Hey, everybody” e il leggendario Sterling St. Jacques, superbello nero dagli occhi azzurri, che impazza con la improbabile ma non malvagia “Comin’ into love”...

«Siamo vicini al picco. Dalle millesettecento alle duemila persone a serata. Ogni weekend da Città di Castello viene a ballare Monica Bellucci, che è già bellissima ma ancora del tutto sconosciuta, col suo giro di amici, la Rai ci invita a prendere parte al gioco-sfida tra le più grandi discoteche d’Italia, ossia il programma “Discoteca Festival”, condotto da Daniele Piombi».

- Di cose strane in vita mia ne ho gustate diverse, ma non avrei mai pensato di vedere il tuo socio Fausto Pecci in eurovisione balla’ a vita persa con du’ antennine a molla piazzate tra i capelli ricci.

«Aahahah, è successa anche questa e sémo arrivati secondi alla fine, dietro al Piper de Roma... Te pare poco? Pensa che ce semo giti coi pullman pieni e per fa balla’ la gente de Gualdo ce sémo portati sei bottije de cognac. E eravamo forti, te dico, mumenti vincemo!».

- Dai, racconta qualcosa su Sterling St. Jacques.

«Era bono, sa', ma spesso era 'sterlin comin into lovembriaco. Je avevamo trovato casa a Gaifana e lui era uno strano, come si dice, eccentrico, tanto che per Natale una volta aveva messo un pitone e un serpente a sonagli sull’albero, dicendo che erano i suoi animali preferiti. Cocco mia, toccava staje dietro. ‘Na sera l’aspettavamo al Papillon, ma questo niente. E mo do è? Te se presenta alle una della notte, tutto ‘nfangato, ché era arrivato da Gaifana a piedi e pioveva, allora je fo: “Oh Ste’ e la Bmw tua do l’ae lassata?”. Sae que era successo? S’era sbajato ‘nte ‘na curva era gito dritto e era entrato nte na chiesa. Ma lue me disse: “Mi dispiace, Angelo, ma m’ha attraversato un mucco!”. Ecco, St. Jacques faceva robe così. Pensa, m’hanno detto che sia morto verso Genova ma io spero tanto ‘n’sia vero... Va a sape’...».

- A proposito di colpi di scena etnici, va detto che al Papillon poteva succede de tutto. Una sera di capodanno sulla pista grossa ho visto balla’ Carlisio Gubbini e Rolando Pinacoli, ex sindaco e sindaco di Gualdo, col vicesindaco Peppino Barberini e con Mencuccio, ottuagenario Cavaliere di Vittorio Veneto, che, con rispetto parlando, non è stato mai tutto e quella volta figuramoce. Quando dissi a Rolando “Piantetela, ché stemo a perde 300 voti” lui mi rispose: “Camina, bamboccio, diqui’ li guadagnamo”.

«Oh, e quella sera che venne Nino Frassica che faceva Fra’ Antonino da Scasazza e si mossero compatte a vedello tutte le suore dell’Istituto del Bambin Gesù? Eppoi le madri fecero il bis in discoteca col concerto de Fra’ Giuseppe Cionfoli...».

- Mettela come te pare, ’Ngio’, ma a me del Papillon me piacevano due cose. Le cubiste e le scazzottate. Saltamo le prime, ché ce legge gente educata, ma delle seconde qualcosa se po’ di’.

«E niente, la peggio fu quella sera inizio Anni ‘80 con quelli de Roma. Era ‘na banda de motociclisti coi caschi e questi tiravano i tavolini da trenta chili, in cinque o sei. Te ricordi Barbino?».

- Oh yes, quello menacciuto de Sigillo, alto, fisico da mediomassimo.

«Lue! Mbe’ i romani je tirarono na fila de piatti sulla testa. ’Nse paraeno. Da uno nte la pizzeria je detti na sediata nte la schiena, ‘ntanto che arrivava la Volante e questo lungo per terra... Oh, mica scherzi, du’ giorni dopo uno de questi è morto nte na rapina in banca, a Roma. Quella sera emo avuto paura tutti, te ricordi?».

- Mbe, clamorose anche le litigate della banda dello Zippo col dj Gianluca Anniballi, che venne dopo Guida e Trani... Senti, piuttosto, racconta com’era la squadra del vostro personale.

«Allora: sette-otto camerieri, tre-quattro buttafuori, uno alle luci, un dj, due guardarobiere, tre in cassa e biglietteria, una segretaria e due addette alle pulizie: in tutto ci voleva una ventina di persone. E facevamo gruppo, ci siamo voluti bene tra tutti e con tutti, non erano solo rapporti di lavoro, ma di amicizia».

- L’apice nel 1986, poi il lento declino.

«Abbiamo traghettato un’epoca, dal liscio alla disco, eravamo diventati un centro di gravità, noi sperduti tra i monti. Venivano a ballare in treno, scendevano a Gualdo, risalendo la ferrovia. Pensa che a Foligno un capostazione fu punito perché annunciando il treno per Gualdo la domenica pomeriggio chiamò la fermata “Gualdo Tadino-Papillon”. E mi piace ricordare la storia di Sauro Fiorucci, classe 1965, che entrò da noi ragazzino, come cameriere addetto alla raccolta bicchieri e negli anni si rivelò così bravo e intraprendente da diventare un nostro stimato dj, dal 1984 al 1991. Poi le cose sono mutate, i grandi locali della riviera adriatica, tipo l’Altro Mondo Studios o la Baia Imperiale, hanno ripreso il sopravvento e per il Papillon è stata la fine. È andato avanti come ha potuto fino al 1996, anche se io ero uscito dalla società già nel 1989».

- Angelo, sinceramente, il momento più bello di tutti quegli anni, qual è stato?
carnevale 1985 papillon gualdo tadino

«Mica perché parlo con te, però voglio dire che il Papillon non l’hanno fatto grande i grossi nomi, ma i gualdesi, tutti. Voi che lo frequentavate. Sì, specie voi che eravate ragazzi. Le feste di carnevale, quelli erano i momenti più belli. Ci lavoravate da mesi per quella sera, per vincere i premi delle maschere più belle. Non ve l’ho mai detto per non favve monta’ la testa ma eravate commoventi e bravi. Tanti, tutti, a centinaia. La nostra era la festa più bella, preparata e vissuta alla grande. Solo in Brasile, penso, fanno cose migliori... E, te ricordi? Se andava avanti anche col nevone, che nel 1978 stoppò la serata de capodanno, ma quella de carnevale al Papillon non se bloccò mai! E pure le tombole con diecimila cartelle...».

- Tornamo freddi e razionali. Come Papillon, tu e Fausto eravate, quanto a liquidità disponibile sull’unghia, tra le prime aziende di Gualdo. Qual è la sera in cui avete guadagnato di più?

«Mae».

- Ma che dici?

«Oh Ma’, il Papillon è stato un locale nel quale per anda’ avanti bisognava reinvestire. Alla fine non siamo diventati ricchi. Nessuno. Però ci siamo divertiti. Da tanti anni gestisco questo ristorante a Valtopina, “Il Tartufaro”, e se ci ripenso sono contento di come è andata, delle cose che abbiamo vissuto. Dai, siamo stati bene tutti, no?».

- Sì. Penso che “quel” Papillon tutti i gualdesi lo rimpiangano. Fors’anche perché rimpiangiamo la fuggità età, ma anche perché è stato tutto bello. Davvero. E comunque te ricordo che quando c’eri in cassa te e era tardi, lo sconto a noi boys non lo facevi mai, invece Fausto Pecci sì, era un buono, con noi. Aha, ’Ngiolo, eri un bastardo! Dai, l’ultimo limoncello e il conto.

«No, te sbagli. Tante cose cambiano. È stato bello riparlanne, spero che lo sarà anche per chi ce leggerà, quando ste chiacchere che ce semo fatti stasera diventeranno righe scritte, perché è una storia nostra, questa. Una storia de Gualdo. E lascia. Stasera offro io».

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