Penna e calamaio, dicembre 2014

Scritto da Roberto Casaglia. Postato in Penna e calamaio

Pensate a un ragazzo di neanche trent'anni, con una carriera spalancata davanti in una delle aziende più importanti del mondo, con uno stipendio non indifferente e la concreta possibilità di diventare uno dei dirigenti di più alto livello. 

Pensate che quel ragazzo, a un certo punto, molla tutto per mettersi in proprio.
Succede negli Stati Uniti, è successo al “nostro” Mark Tacchi, del quale raccontiamo in questo numero la sua storia di successo.
L'avesse fatto in Italia, gli avrebbero dato del pazzo.

 

Un recente rapporto indica che lo spirito di fare impresa degli under 30 italiani è frenato dalla paura del fallimento: il 92% dei giovani italiani vede una possibile sconfitta come un ostacolo all'avvio di un business in proprio. Solo il 46% dei giovani americani è della stessa opinione. Di contro i dati rilevano un atteggiamento più favorevole all'imprenditorialità degli italiani rispetto agli americani. Il 58% degli italiani dichiara di avere la capacità di immaginare di poter avviare un'attività in proprio, mentre solo il 39% dei ragazzi americani si vede imprenditore.
Allora perché questa differenza?
Ecco il motivo. La sfiducia nei confronti del Sistema Paese percepita dagli italiani è evidente: solo il 36% dei nostri giovani crede che l'Italia sia un ambiente ideale per avviare un lavoro autonomo. Ben diversa è invece la percezione dei giovani americani: il 72% afferma di vivere in un Paese favorevole all'imprenditorialità.

I nostri connazionali non hanno torto.
Un'altra ricerca condotta dalla Banca Mondiale su 183 Paesi riguardo la facilità di fare impresa, rivela infatti che gli Stati Uniti sono al quarto posto mentre l'Italia è al 78esimo. Basti pensare che per creare una nuova impresa, negli Stati Uniti occorrono mediamente 333 dollari, in Italia 6.300, per non parlare dei tempi (40 giorni negli Usa, 257 da noi con costi otto volte maggiori) e del total tax rate, cioè il peso (in percentuale) delle tasse in relazione ai profitti. In Italia è al 68,4%, negli Usa al 46,3%.

Nonostante il nostro non sia un Paese per fare impresa, Mark Tacchi ci ha scommesso, aprendo una filiale della sua azienda proprio a Gualdo Tadino. Un'azienda fatta da giovani e con un approccio assolutamente inedito per queste lande, che intende conciliare i tempi-vita con i tempi-lavoro.
Negli Usa sanno che i dipendenti (anzi, i collaboratori) felici hanno una produttività addirittura del 31% superiore alla media e tutto questo non solo li porta a lavorare meglio, ma anche ad una maggiore creatività degli stessi.
In un periodo di crisi nera come quello attuale, la fiducia riposta da Mark Tacchi sulla “sua” Gualdo è sicuramente un raggio di sole.

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